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- CORONA VIRUS LA PANDEMIA CHE SPAVENTA IL KENYA

Sr. Nadia Monetti :"Con l'aumento dei contagi si aggrava la situazione dei bambini"

L’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 si sta facendo sentire in tutta l’Africa sempre più drammaticamente. Negli ultimi mesi il numero dei contagiati in Kenya  é passato da poco più di 300 d’inizio maggio agli attuali 8528.

 

Una situazione tutt’altro che gestibile in un Paese dove milioni di persone vive dentro  baracche di lamiera senza acqua e servizi igienici, che nelle ore del giorno diventano veri forni. Di per se i numeri sono ancora contenuti, ma il sistema sanitario kenyota, lo stile di vita e i metodi di controllo non garantiscono che le politiche di prevenzione possano avere effetti preventivi su larga scala.

 

Un numero per tutti, i posti nelle terapie intensive sono poco più di 150 in tutto il Kenya, la maggior parte in strutture private (Fonte Amref Health Africa) con la popolazione che nella sola capitale sfiora i 5 milioni di abitanti.  “Gli ospedali cominciano  ad essere pieni  - osserva il Dott. Gianfranco Morino, coordinatore di World Friends in Kenya -  si dice che in Africa il Covid 19 non colpirà perché ci sono molti giovani, questo può essere in parte vero, in realtà non abbiamo una percezione reale della situazione, anche per la mancanza di test”. 

 

Aggiunge Andrea Bollini, operatore di Amref Health Africa  Kenya - “ In più, non è pensabile un rafforzamento o un aumento di posti letto per i malati gravi perché comunque non ci sarebbero abbastanza medici e infermieri capaci di assisterli”.

In ogni caso qui la sanità pubblica non potrebbe mai reggere l’impatto di una pandemia diffusa. Tra i Kenioti che sono malati e non scelgono di farsi curare, il 44% è perché ostacolato da costi, un altro 18% vive troppo lontano da una struttura sanitaria.

 

Di fatto nel paese è stato subito dichiarato il lockdown sin dal primo caso Covid il 12 marzo scorso. Per costringere la popolazione a non uscire è stato imposto un coprifuoco dalle 7 di sera alle 5 della mattina successiva, con polizia e militari a controllare le strade anche con metodi violenti. 

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Ci racconta Sr. Nadia Monetti dalla missione delle piccole figlie di san Giuseppe di Ndithini nella provincia di Machakos, 120 Km da Nairobi -  “Le conseguenze della pandemia sono però tante, la gente ha paura di venire nel nostro dispensario anche per le cure più urgenti, aumentano le gravidanze di teenager e le violenze domestiche, si è tornati a partorire nelle baracche senza assistenza, con più morti neonatali, parti ritardati. È aumentata la malnutrizione per la difficoltà di trovare lavoro.” 

 

Nella missione di Ndithini c’è anche una scuola e l’orfanotrofio, Sr Nadia aggiunge  “Sin dal blocco in Marzo i bambini sono tornati tutti a casa, qui in missione sono  rimasti quelli senza famiglia e dobbiamo garantire loro il mangiare. Per guadagnare qualcosa abbiamo cominciato a raccogliere le arance, tutti, suore, bambini e chiunque potesse darci una mano,  la parola d’ordine è ingegnarsi a fare qualcosa per sopravvivere”.

 

Da un recente annuncio del governo le scuole potrebbero riaprire non prima di Gennaio del prossimo anno  ci racconta Sr Nadia - “ Una docente della scuola, per sopravvivere  ha cominciato a vendere al mercato le arance, fino a quando non è stata arrestata, denunciata perché sospettata di avere il Covid e detenuta per 17 giorni in condizioni pietose. Adesso bisogna fare i conti anche con la caccia all’untore”

​I più vulnerabili in questa emergenza sanitaria rimangono i bambini, Sr Nadia aggiunge “Con il blocco delle scuole per un tempo così lungo i ragazzi rimarranno isolati e gli studenti ammalati non potranno prendere i farmaci che noi gli davamo durante l’anno scolastico.  Quando tornano a casa spesso le famiglie non hanno i soldi per poterli comprare o semplicemente si disinteressano di loro

Nonostante tutto le suore della comunità di Ndithini rimangono fiduciose nel futuro, tutto passerà e sorridendo ci salutano. 

 

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Piergiorgio ITT Ferraris - Verona

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